La storia del cucco di Santa Lucia
di Carlo Ciucchi "Picchio"
Era il mese di luglio di una torrida estate di tantissimi anni fa. Il crepuscolo serale aveva lasciato il posto al tramonto e la notte era giunta più buia di sempre. Nel bosco di Santa Lucia, su un delizioso poggiolo chiamato Frullo, si potevano ammirare le luci dei paesi del Mugello da una parte e quelli della Valdisieve dall’altra. Tutti gli uccelli, tranne i notturni, si erano già addormentati. All’improvviso un grandissimo campo di grano adiacente al bosco era diventato un fiore rosso (fuoco), per l’incuria di un passante che aveva gettato una maledetta cicca per terra ancora accesa. I solerti uccelli notturni, la civetta, il barbagianni, il gufo, l’allocco e altri lanciarono subito l’allarme in codice pennuto “il passa cinguettio”. In un batter d’occhio tutti gli uccelli del bosco furono svegliati. Non esisteva solo il pericolo di morte, le fiamme stavano divorando tutto il grano, ossia la riserva di cibo che sarebbe servita per sfamarsi durante il lungo inverno che da lì a qualche mese sarebbe arrivato. Tutti gli uccelli del bosco con grande spirito di solidarietà, tra questi anche quelli che alla fine dell’estate sarebbero emigrati nelle zone più calde delle foreste tropicali dell’Africa, si radunarono per cercare di raccogliere più grano possibile tra le fiamme del fiore rosso ed il fumo che stavano crescendo a dismisura. Come deposito collettivo del grano fu scelto un vecchio castagno bugio che nella cavità poteva contenere il fabbisogno per due stagioni invernali. Il bosco diventò uno svolazzio di uccelli, le fiamme del fiore rosso erano sempre più alte ed il fumo levava il respiro. Cinque lunghe ore di raccolta, prima che le fiamme divorassero l’intero campo di grano. Gli uccelli anche i più variopinti erano diventati neri di fumo, dal becco alle zampe, tutti ormai irriconoscibili. Poco distante un piccolo ruscello chiamato Rio Maggio, scorreva armonioso di grotta in grotta per raggiungere a breve distanza il fiume Sieve, affluente dell’Arno che bagna Firenze. Tutti gli uccelli volarono alla pescaia del Moro del Pantano per fare un bagno in acqua ferma o corrente e volendo anche una doccia sotto la cascata. All’appello mancava solo un uccello che si era distinto nella raccolta del grano, non aveva fatto soste, aveva cominciato per primo e finito per ultimo, tant’è che ancora non era arrivato al ruscello. Ma all’improvviso eccolo apparire in volo tra gli alberi, nero come un merlo, tutti gli batterono le ali, ma nessuno sapeva chi fosse. Sì tuffo sotto la cascata e dopo pochi istanti con grandissimo stupore tutti gli uccelli constatarono che si trattava del Cucco, un uccello che fino a quel giorno era considerato asociale, rissoso, vagabondo e opportunista. Pensate alla sua storia, la sua famiglia non aveva un proprio nido, come tutti i cucchi, la madre lo aveva deposto ancora nel guscio in un nido di pennuti simili, si era dischiuso prima degli altri fratellastri e gli aveva eliminati tutti, era stato svezzato dalla matrigna e dal patrigno inconsci di chi fosse il proprio figlio. Da quel giorno il Cucco divenne l’eroe del bosco di Santa Lucia, si era ampiamente riscattato del suo istintivo è infelice passato, la storia si è tramandata e ancor oggi il Cucco è ricordato come l’ eroe di Santa Lucia.